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Quando l’arte è arte davvero, non si finisce mai di conoscerla: si guarda il soggetto, e sfuggono i particolari; si bada a un particolare, e se ne trascurano mille altri; ci si interroga sul suo messaggio, ma non su come mai altri lo ritengano differente. In queste pagine si evoca Andrea Mantegna, riconosciuto tra i più geniali pittori del rinascimento, da secoli oggetto di studi e ricerche e analisi critiche, da secoli capace di suscitare apprezzamenti ed emozioni; ma lo si evoca non per il ruolo che occupa nella storia dell’arte, bensì per alcuni specifici particolari, che hanno mosso la creatività di Denis Volpiana. Ecco allora, tradotti in altra forma, i panneggi mantegneschi, quelli che tanto concorrono a dare alle sue figure il ben noto carattere statuario. Ecco allora le aperture verso il cielo, quella fisica della sua casa come quella, audacemente immaginata e precorritrice dei più impensati sviluppi, della cosiddetta Camera degli sposi. Ed ecco nel cielo, quel cielo lombardo che, come secoli dopo scrisse forse ironicamente Manzoni, “è così bello quando è bello”, concretizzarsi piccole bianche nubi, capaci di modularsi persino in figure umane, portatrici di arcani messaggi. Volpiana ha fermato la sua attenzione su questi particolari, vi ha meditato chissà quanto, ha dato ascolto alle risonanze da essi generate nel suo mondo interiore, e vi ha dato forma nel linguaggio suo proprio che, pur se è in sintonia con i nostri tempi, rimane pur sempre, con il fascino che ne promana, il suo. È l’omaggio di un artista a un altro artista, significativo anche perché si manifesta in un museo della città dove Mantegna ha trascorso la maggior parte della sua vita e ha creato la maggior parte dei suoi capolavori.
Mons. Roberto Brunelli
Direttore Museo Diocesano “Francesco Gonzaga”
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